Se c'è una cosa che non imparerò mai a gestire, emotivamente parlando, sono gli eventi improvvisi.
Ho cercato di condurre sempre una vita tranquilla, come tranquillo è il mio carattere, ma ho imparato a mie spese che le persone fatte a mia immagine sono l'esca per quelle che vogliamo evitare.
Una di queste, sicuramente difficilmente evitabile, è mio padre, colui che mi rovinerà la vita. Devo ammettere che la colpa di tutto ciò ce la possiamo dividere a metà, o come dicevano i gangster americani, fifty-fifty. Difatti, se non avessi deciso di aiutarlo, ora probabilmente avrei il mio bel lavoro in uno studio di architettura, probabilmente a Milano, altrettanto probabilmente avrei il mio bel compenso che, a sua volta, mi garantirebbe una casa fatta a mio gusto e adatta a ricevere le persone di mio gusto.
Ora, invece, sono un trentaduenne disoccupato, senza un centesimo, con una Panda scassata che secondo la Fiat dovrei ancora finire di pagare, nonostante oramai il suo valore corrisponda a meno della metà del prezzo che aveva quando l'acquistai nel lontano 2008, e nemmeno una meta o un viaggio da iniziare su di essa.
Un viaggio. Forse dovrei farmelo prima o poi. Ho sempre sognato di concedermi prima o poi un anno sabbatico in giro per il mondo, per vedere dal vero i luoghi studiati e sognati. Il programma prevedeva, però, che lo facessi coi capelli ancora del colore originale, mentre la realtà mi impone ora di accantonare tutto.
Ma, poi, un viaggio dove? Con chi? Meglio pensare ad altro.
Meglio concentrarci sull'ultimo shock vissuto e tentare di rielaborare, reagire. Ho scoperto l'altro giorno che fallirò! A trentadue anni fallirò, con tutti gli annessi e connessi. E sbadabam! Addio a tutti i programmi, arrivederci a tra molto tempo ai miei progetti!
Grazie tante a mio padre, grazie tante a me ed alla mia fottuta disponibilità.